Intervista ad Andrea Bottega, Segretario Nazionale Nursind.

A cura di Mara Passafiume. 

Le recenti innovazioni nell’ambito del sistema sanitario aprono una riflessione profonda sul ruolo dell’infermiere e sull’evoluzione del relativo profilo professionale verso competenze avanzate e specialistiche. Di questo e d’altro parliamo con Andrea Bottega, Segretario Nazionale del Nursind, il sindacato delle professioni infermieristiche. 

Segretario, il tema dello sviluppo delle professioni infermieristiche e delle competenze specialistiche è centrale, oggi più che mai, anche a seguito del comma 566 della legge di Stabilità 2015, che ha acceso il dibattito e le polemiche.  

Qual è il suo punto di vista? 

Certamente in un sistema sanitario in continuo mutamento è richiesto ai professionisti che ci lavorano di riposizionarsi, riorganizzando il lavoro e i contenuti del proprio esercizio professionale. Dopo venti anni dal profilo professionale del D.M. 739/94, che descrive chi è l’infermiere, un ripensamento su chi siamo e cosa l’infermieristica è diventata, è quanto mai opportuno. Ciò che va evitato è, tuttavia, lo scontro con le altre categorie che lavorano in sanità e un cedimento verso il basso, un demasionamento nei confronti del nostro mandato professionale. Per questo Nursind preferisce il confronto aperto all’interno della categoria e con le altre categorie, in un’ottica non solo di evoluzione professionale ma di coevoluzione, piuttosto che andare allo scontro. Il comma 566 ha creato un’ulteriore tensione tra le categorie e non risolve il problema delle competenze, anzi lo complica. Ciò che del comma mi preoccupa di più è che parla di competenze e ruoli specificando in una legge finanziaria, non dimentichiamolo, che i cambiamenti non saranno remunerati. Nursind non può condividere questa che è di fatto un’ulteriore decapitalizzazione del lavoro.

 

Secondo lei, quale potrebbe essere la via migliore per ridefinire le competenze e le responsabilità professionali dell’infermiere? 

La via migliore a mio parere sarebbe rivedere il profilo e quindi fare un nuovo decreto ministeriale che vada ulteriormente a specificare e ridefinire chi è oggi l’infermiere. Ma non è sufficiente una definizione normativa, ciò che è più importante è una vera riforma del lavoro in sanità, che consenta poi di realizzare nella pratica quotidiana ciò che è definito nel profilo dell’infermiere. In ogni caso, ogni cambiamento non dovrebbe essere calato dall’alto ma condiviso dal corpus professionale. Per questo, come Nursind abbiamo chiesto che si tengano gli Stati generali dell’infermieristica. Dopo la condivisione pubblica si potrebbe individuare un obiettivo chiaro, non imposto dall’esterno, e perseguirlo uniti.

 

Sappiamo che quest’anno finanzierete un nuovo studio, “Dalle competenze agli esiti”, in collaborazione con l’Università di Genova. Può darci qualche anticipazione? 

Nello scorso anno, mentre si discuteva di standard di dotazioni organiche per l’assistenza infermieristica nei reparti di degenza, ci siamo trovati a difendere la qualità del nostro lavoro e il fabbisogno di personale per garantire questa qualità da proposte di alcune regioni, in particolare il Veneto, fondate più su esigenze economicistiche che di adeguato servizio all’utenza. Dal punto di vista scientifico, il fondamento della nostra posizione si basa su studi quasi totalmente svolti all’estero, su altri sistemi e con diversi skill mix. Per tale esigenza, ci siamo messi alla ricerca di una università che fosse disposta a collaborare con noi per la realizzazione di questi studi anche in Italia. Con la prof.ssa Loredana Sasso, del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università di Genova, abbiamo trovato la disponibilità di realizzare in Italia il progetto RN4CAST. Questo studio dovrebbe aiutarci a capire quale impatto ha sull’utenza il lavoro dell’infermiere. Sostanzialmente, si tratterebbe di capire quali sono gli esiti del nostro lavoro in termini di salute e risparmio. Su questi dati poi potremo ragionare, per capire di quali figure ha bisogno il nostro sistema sanitario e di quante unità.

 

Nello scorso anno, il Nursind ha registrato una notevole crescita, sia in termini numerici che in termini di attività. Può farci un bilancio del 2014? 

Il nostro bilancio 2014 è ampiamente positivo. Non solo abbiamo incrementato le adesioni superando quota 25.000 ma, senza paura di smentita, abbiamo dettato l’agenda delle questioni che hanno interessato l’infermieristica in Italia. Attraverso il nostro quotidiano on line www.infermieristicamente.it abbiamo aperto un dibattito interno alla categoria coinvolgendo infermieri, studenti, medici, tecnici e anche cittadini utenti del SSN. A breve su tutte le tematiche trattate uscirà una pubblicazione, che le raccoglierà e ne darà una lettura sistematica. La nostra intenzione è aprire una discussione in grado di creare una “coscienza di categoria”.

 

Nel mese di marzo ci saranno le elezioni delle RSU: come si sta preparando il Nursind per questo importante voto? 

Penso che saranno elezioni difficili perché il sindacalismo tradizionale è in crisi e, nel pubblico impiego, c’è stata una sorta di ripubblicizzazione del rapporto di lavoro, per cui alcuni istituti prima normati dai contratti sono ora definiti dalle norme e la politica degli 80 euro si è sostituita alla contrattazione che è ferma al palo dal 2009. Aggiungiamo che in sanità i piani di rientro hanno gravato ulteriormente il lavoro degli infermieri e il contesto diventa veramente tragico. Su questi presupposti è sempre più difficile chiedere la fiducia dei lavoratori. Nursind, tuttavia, in questi anni ha consolidato la propria presenza e punta ad un risultato in crescita. Siamo l’unico sindacato infermieristico rimasto nel panorama nazionale e godiamo della rappresentatività nazionale. Dal punto di vista dell’azione sindacale, siamo gli unici a portare la voce degli infermieri fuori dalle corsie, nei dibattiti e nelle istituzioni. Noi facciamo sindacato, non vendiamo polizze assicurative e, per chi vuole fare davvero sindacato, questo è già un motivo valido per chiedere ai colleghi di darci il loro voto. 

 

M.P.